Se anche l’export si ferma, le Marche sono davvero nei guai. Non bastava la crisi industriale e dei distretti produttivi provocati dalla cosiddetta globalizzazione. Non bastava la crisi finanziaria anche questa indotta dall’esterno, e che ha provocato uno tsunami economico e occupazionale che deve ancora deve ritirarsi dopo quasi un decennio dal suo inizio. Non bastava il terremoto del 2016, e tutto quello che ne è conseguito. Ora se dopo i consumi domestici, cioè quelli interni si fermano anche le esportazioni delle nostre imprese – a cominciare da quelle calzaturiere – allora la situazione per la nostra regione rischia di farsi davvero pesante. Se non nell’immediato, almeno in prospettiva, nel medio periodo. E ciò perché non ci sarebbe piu , per alcuna azienda medio piccola del nostro territorio, alcuna domanda estera in grado di sostenerne l’offerta di prodotti, e quindi gli investimenti e quindi l’occupazione. A meno che la domanda – macroeconomica si intende – non venga sostenuto dallo Stato, o comunque dal pubblico. Ma questa è propria una possibilità che non sembra all’ordine del giorno sul piano politico ( se escludiamo le risorse per la ricostruzione post-sisma, i cui tempi, modi e soprattutto effetti reali sono ancora tutti da verificare). Se si ferma l’export, dicevamo, le Marche rischiano di peggiorare ancora la propria posizione già molto difficile. Ed è purtroppo proprio quello che sta accadendo. Perché secondi dati di Cna e Confartigianato, nei primi 9 mesi del 2017 , l’export regionale ha perso l’1% rispetto allo spesso periodo del 2016 ( 79 milioni in valore). E ciò in netta controtendenza rispetto al trend nazionale, che segna un +7,2%. A trascinare in basso l’export è stato soprattutto il settore farmaceutico (-15,9 per cento) ma ad arretrare sono anche il calzaturiero (-2,8) e l’abbigliamento (-3,1). Va invece bene la meccanica (+5,2) con la sola eccezione degli elettrodomestici, a causa della crisi del fabrianese (-9,2 %). E fanno un bel dire gli artigiani che “al netto del farmaceutico” ( che significa quasi solo un colosso straniero con sito ad Ascoli ..) “le esportazioni manifatturiere marchigiane sarebbero in positivo”. Perché così ci nasconde dietro un dito, e si continua a far finta di non vedere qual è la condizione reale del nostro territorio. E in particolare dell’Ascolano e del Fabrianese, ma che anche quella di un Fermano che a causa del ridimensionamento dello storico distretto calzaturiero ha chiesto di recente al Governo di dichiararne lo stato di crisi per poter accedere a dei finanziamenti. Insomma, le Marche arrancano sempre di più, strette nella morsa di numerosi fattori negativi. Speriamo che le elezioni servano a qualcosa, almeno per cambiare passo, se non direzione. Altrimenti non ci restano che i mercati internazionali…