Relazione del presidente provinciale Cna , Massimiliano Santini. al convegno svoltosi presso il terminal dell’aeroporto di Falconara.
Ancona 14 dicembre.- “Le nostre imprese hanno sviluppato nel corso degli anni i necessari anticorpi per resistere ai colpi inferti da fisco e burocrazia, ben più pesanti e cavillosi dei loro concorrenti internazionali. Nonostante tutto, questi “Eroi” che ogni anno si vedono “sottrarre” dal fisco oltre il 60% dei loro profitti, nutrono ancora una convinta speranza che il contesto in cui vivono, lavorano e si misurano ritualmente abbia un valore aggiunto per la loro attività, che in altri contesti non potrebbero ritrovare. Pertanto la CNA ha il dovere di sostenere la loro scelta di rimanere sul territorio, promuovendo un’azione volta a mettere in relazione da un lato chi è deputato a pianificare, organizzare e mantenere in maniera efficiente ed efficace le infrastrutture che garantiscono la grande mobilità regionale e dall’altro i livelli istituzionali che debbono agevolare tali processi, rimuovendo gli ostacoli e/o investendo risorse pubbliche e attivando risorse di investitori privati, con l’obiettivo di generare esternalità positive, ovvero vantaggi e benefici alle imprese e alle comunità che rappresentano. Tale occasione di contaminazione complementare, sinergica e sintonica, ha l’obiettivo di affermare una visione strategica integrata e sostenere un percorso convergente per il bene del territorio, superando gli interventi tampone, episodici e disarticolati, le richieste inevase e le promesse ancora giacenti. Il fatto di poter contare su un sistema logistico e di infrastrutture efficenti rappresenta oggi un elemento di competitività territoriale essenziale per convincere le aziende a credere ed investire in tecnologia e capitale umano, restando ancorati al territorio, che al tempo stesso può stimolare altri investitori esterni ad emulare le gesta degli imprenditori nostrani. In questa logica la CNA ha inteso organizzare questo incontro che darà la possibilità ai partecipanti di apprendere lo stato dell’arte e gli interventi previsti in ognuno dei nodi infrastrutturali più importanti della Regione, incrociando al tempo stesso la volontà politica in seno alle strategie di sviluppo territoriale programmate ad ogni livello politico ed amministrativo.
Intanto è bene chiarire che secondo la CNA non è sufficiente avere una buona distribuzione dei centri intermodali, ma è necessario che essi siano efficienti e soprattutto integrati tra loro. Infatti, secondo il principio delle esternalità positive esiste un rapporto diretto, funzionale e più che proporzionale tra la dotazione infrastrutturale e lo sviluppo/ricchezza di un territorio.
Gli investimenti pubblici e privati in infrastrutture generano un ciclo positivo e virtuoso, poiché migliorando l’accessibilità, riducendo i costi di trasporto, aumentando la concentrazione di imprese, gli investimenti diretti ed attraggono capitali da fuori (economie di agglomerazione) e quindi generando più ricchezza e risorse per il territorio.
Insomma le infrastrutture agevolano lo spostamento delle persone e delle merci in una logica win win tra territori, sia in incoming che in outgoing.
La letteratura in materia sottolinea proprio il fatto che i territori ben dotati di infrastrutture funzionanti e che interagiscono tra loro (Nord Ovest) hanno una propensione all’export più spinta. In questo quadro le Marche hanno una media della spesa pubblica più bassa delle altre regioni dell’Italia centrale, investimenti privati che si sono ridotti in misura maggiore nel decennio della crisi, una dotazione infrastrutturale ed un Pil pro-capite più simile all’Abruzzo e all’Umbria che all’Emilia e Toscana.
In definitiva, ci duole purtroppo rilevare il fatto che le Marche, anche sul piano infrastrutturale, stanno scivolando verso il Sud d’Italia, in un sistema Paese che già occupa in Europa posizioni non proprio edificanti:
- 80% delle persone si muovono in automobile, contro il 40% della Danimarca;
- 31° nel Mondo (17°in Europa) per qualità delle infrastrutture (dietro alcuni paesi arabi)
- 54° nel Mondo (19° in Europa) per qualità stradale;
- 49° nel Mondo (22° in Europa) per efficienza ferroviaria;
- 47° nel Mondo per servizi portuali (collegamento porto/ferrovia al nord 48% e al sud l’8%)
- 41% degli obiettivi pianificati per quanto riguarda le reti europee TEN-T (Trans European Transport Network).
Eppure le Marche sono una regione attivissima nella Macroregione Adriatico-Ionica e l’Italia è interessata da almeno quattro dei nove Corridoi Multimodali, considerati strategici dall’Europa, come quello “Scandinavo-mediterraneo” e “Baltico-adriatico”, che, rispetto alla nostra Regione, rischiano di fermarsi a nord in Emilia Romagna e di aggirarci ad ovest lungo la dorsale tirrenica.
Nel quadro delineato si innesta la funzionalità dei principali centri o poli intermodali che abbiamo a cuore, perché rappresentano i motori vitali per rendere più fluida la mobilità di persone e merci della nostra Regione rispetto ai territori prossimi o remoti ad essa. Facciamo riferimento ovviamente all’Aeroporto delle Marche, di cui siamo ospiti, all’Interporto collocato (non a caso) nelle sue vicinanze, al Porto di Ancona anch’esso a servizio di un bacino ben più vasto del capoluogo e della Quadrilatero, ovvero a quella rete di collegamento su ferro e gomma che deve poter connettere tali hub e garantire la grande viabilità anche verso l’entroterra.
Per i primi due sarebbe sufficiente dire che, dopo decine di milioni spesi per evitarne il tracollo e lo sforzo fatto dalle Istituzioni per trovare un nuovo corso, grazie ai nuovi Amministratori arrivati nel corso dell’anno e ai nuovi piani industriali, finalmente si inizia ad intravedere una luce nuova. In entrambi i casi riconosciamo la volontà istituzionale di ridare una prospettiva diversa, lasciandoci alle spalle la mala gestione del passato, di cui tuttavia va esperita ogni azione di responsabilità a riguardo. È bene infatti precisare che le risorse pubbliche vanno sì investite nell’interesse della comunità con un respiro lungo e proficuo, ma resta sempre in capo a chi amministra l’onere di vigilare sull’operato dei professionisti e manager posti a capo di ciascun organismo. Nel caso dell’Aeroporto, ripianati i debiti e concluso il processo di privatizzazione, si punta ora a potenziare i flussi con l’obiettivo di superare il milione di passeggeri in 2 anni e di diventare punto di riferimento per il traffico merci per il centro Italia. A riguardo la CNA ritiene indispensabile dotare l’Aeroporto di un’offerta di servizi ben più vasta di quella attuale, prevedendo sia nuove rotte nazionali quali Roma e Milano, sia ovviamente nuove tratte internazionali, tra le quali le nostre imprese chiedono le capitali del Nord Europa, la Penisola Iberica, la Russia ed i Balcani. Ci teniamo a precisare inoltre che sarà necessario mantenere al centro di ogni politica l’interesse pubblico in luogo di una deprecabile speculazione privata, sfruttando al massimo le interconnessioni con il porto e l’interporto, attraverso il potenziamento della ferrovia e dei tratti stradali a scorrimento veloce. Anche l’Interporto vive una fase di rilancio, incardinata di recente su una direttrice unica (essendo venute meno altre ambiziose e dibattute ipotesi), finalizzata a rendere la struttura utile al territorio in un sostanziale ampliamento della sua funzionalità, ovvero diventare la centrale unica di risposta per le emergenze per Marche ed Umbria. Su questa piattaforma logistica pesano ancora troppe incertezze burocratiche, cambi di rotta, rimbalzi di responsabilità e questo fatto, al di là dello sforzo della Regione e dei nuovi amministratori di porre la prima pietra progettuale, desta in noi ancora profonde perplessità e preoccupazioni, poiché è un tassello troppo importante nel quadro d’insieme e quindi sarà necessario recuperare gli altri percorsi altrettanto importanti e vitali per il suo rilancio.
Il Porto di Ancona, che di fatto rappresenta l’hub marittimo di riferimento per tutta la nostra Regione ed uno dei principali dell’Adriatico, sta vivendo una fase di forte rilancio su ogni fronte, dalla cantieristica navale all’accoglienza turistica, con progetti importanti, alcuni in cantiere e altri già finanziati, che ridisegneranno e riorganizzeranno nei prossimi anni gli spazi per lavorare, accogliere i turisti ed agevolare la mobilità in entrata ed uscita di merci e di persone (1,2 mln di passeggeri). Merita un forte richiamo il fronte comune, al quale la CNA ha dato ampio respiro e ben gestito dall’amministrazione anconetana per recuperare e porre con forza sul tavolo politico: il ben noto asse di collegamento alla città da nord, che prevede il raddoppio della variante alla SS16, da completarsi in 5-10 anni, per evitare il possibile declassamento del porto e con esso spegnere l’entusiasmo su quanto si ha in animo di realizzare. Ovviamente questi tre poli dovranno trovare tra loro una sintesi sinergica e non alternativa in merito alle due direttrici di interconnessione ferro e gomma soprattutto nel caso del trasporto merci, partendo dalle opere già realizzate, che andranno ovviamente rilanciate, riconvertite o potenziate.
Infine le opere interessate dalla Quadrilatero, da una parte la Pedemontana delle Marche, che avrebbe dovuto connettere le due intervallive SS77 del maceratese, il cui raddoppio è stato completato nei tempi ed oggi opera a pieno regime, dall’altra la tanto dibattuta e martoriata SS76 nell’anconetano, entrambe essenziali per la mobilità su gomma delle zone montane e quindi verso l’Umbria e verso il Tirreno. Il raddoppio della cosiddetta “Superstrada della Vallesina”, che da troppo tempo è ferma sotto le grotte del fabrianese, rappresenta ormai un problema serio ed insopportabile, che si scarica sul già fragile e provato contesto economico e sociale dell’intera comunità montana. La CNA ha già più volte denunciato tale situazione e anche oggi siamo qui a ribadire la necessità di trovare una soluzione efficace in tempi certi, individuando soluzioni praticabili, in base alla normativa vigente, che ci consenta di completare l’opera, replicando anche esperienze virtuose, come l’Accordo di Programma firmato dalle Camere di commercio di Macerata e Perugia con la Società Quadrilatero nel decennio scorso, all’interno del Piano di Area Vasta, mirato al cofinanziamento delle opere viarie.
In ultimo, ma non in termini di importanza, c’è il fronte ferroviario, altro tasto dolente del territorio marchigiano. Sopratutto per quanto riguarda il dibattuto collegamento Orte-Falconara, con il nodo nella città marittima. Resta un’altra debolezza del territorio, perché costellato da continui ritardi e disagi. Nel corso dell’anno è emersa un’altra problematica, rispetto alle barriere antirumore, gestite da RFI, che da un lato suggeriscono di rispolverare suggestive ipotesi di “arretramento ferroviario”, ma che più realisticamente ribadiscono la necessità di mantenere un dialogo aperto e costruttivo con gli amministratori dei Comuni interessati. Ad onor del vero di recente abbiamo appreso del nuovo accordo tra Regione e RFI, dal quale si evince un rinnovato interesse da parte delle Ferrovie verso il nostro territorio, sia sulla qualità del servizio erogato, sia per quanto concerne il parco mezzi, con una serie di annunci che mirano a conciliare efficienza, innovazione e sostenibilità.
A completamento di queste considerazioni, per essere da stimolo alla riflessione e al contributo degli autorevole ospiti, la CNA propone i seguenti principi strategici sui quali debbono a nostro avviso convergere le scelte progettuali a beneficio delle imprese e delle comunità locali.
1). CREARE UNA CATENA INTERMODALE, OVVERO SUPERARE I PERCORSI PROGETTUALI PARALLELI, AFFERMANDO UN’UNICA VISIONE D’INSIEME. All’interno di una corretta programmazione del territorio, la viabilità rappresenta uno dei temi da trattare, almeno in una dimensione metropolitana, tema già introdotto nel precedente dibattito “Ancona Futura”organizzato dalla CNA nel 2018, soprattutto nel caso di specie, in cui in appena 30 km abbiamo tre hub fondamentali per il territorio.
2). PROSEGUIRE NELLA DIVERSIFICAZIONE SETTORIALE Una dotazione di infrastrutture adeguate ed interconnesse possono favorire rapporti di business in uscita (persone e merci), ma soprattutto in entrata. In altre parole, oltre a generare benefici per la nostra diffusa, rinomata, operosa, ma anche provata manifattura, di agevolare la mobilità in entrata potrebbe essere un volano per l’incoming turistico, che dipana i suoi effetti sul piano economico e sociale, rappresentando una ulteriore possible fonte di ricchezza per il territorio e per le imprese. Insomma le stesse infrastrutture possono offrire un contributo molto rilevante a far evolvere il settore produttivo e al contempo diversificare il tessuto economico, aspetto di cui abbiamo assolutamente bisogno, poiché la nostra economia è ancora troppo fragile e vulnerabile (le aree di crisi insegnano);
3). AUMENTARE LA PRODUTTIVITA’ DEL LAVORO. Le Marche sono una delle regioni d’Italia che rischia di scivolare verso Sud, anche per l’indice di produttività del lavoro, al di sotto della media nazionale. Le ragioni sono molteplici e connaturate nel nostro tratto identitario e modello di sviluppo conosciuto fino ad oggi. Tuttavia è evidente che tra i fattori in campo per favorire la contaminazione in una dimensione internazionale, tra l’esperienza delle imprese da un lato e la competenza dei centri di ricerca e delle università in una veste globale dall’altro, ci sono appunto le infrastrutture. Su questo piano vorremmo introdurre un ulteriore fattore positivo nel rapporto diretto tra frequenza delle relazioni e sviluppo del territorio, ovvero il ricambio generazionale, che può far evolvere la politica aziendale e ridare slancio alle realtà che hanno esaurito il loro corso, ma che potrebbero tornare a crescere aprendosi ad un contesto più ampio, in cui agiscono risorse umane dinamiche e digitali, con solide radici locali ed uno sguardo oltre confine.
4). COMPETIZIONE TERRITORIALE. Come noto, il processo di globalizzazione economica e sociale in atto, proteso al crescente e progressivo superamento nei fatti dei rigidi confini istituzionali, ha reso sempre più palese ed impattante il fattore competitivo generato dal contesto ambientale circostante, e quindi tale fenomeno ha introdotto il tema della competizione tra territorio, come elemento di assoluta rilevanza rispetto alla concorrenza tra imprese.
In definitiva, pur nell’assoluta certezza che le nostre imprese continueranno a fare il loro dovere, talvolta in maniera eroica, abbiamo assolutamente bisogno di poterci avvalere di un ecosistema stimolante e competitivo, ovvero che sia ben strutturato su almeno tre fronti, di cui oggi abbiamo toccato solo uno fondamentale:
- Infrastrutture funzionali ed integrate;
- Capitale umano formato e flessibile;
- Istituzioni efficienti.