La sconfitta elettorale del Ministro dell’Interno Marco Minniti, classificatosi solo al terzo posto nel collegio uninominale di Pesaro con il 27% dei voti ( dietro al Pentastellato Andrea Cecconi, che ha ottenuto il 34% e la candidata del centrodestra Annamaria Renzoni, 31%) si può spiegare con due ordini di fattori politici. Il primo è l’onda lunga del Movimento 5Stelle un po’ in tutta Italia, ma anche e soprattutto nelle Marche, dove le tradizionali roccaforti rosse delle province centrosettentrionali sono state messe in forte difficoltà negli ultimi anni dalla perdurante crisi economica e poi dagli effetti del terremoto sulla popolazione locale. Con conseguente perdita di consenso e di guida in diverse amministrazioni locali, a cominciare da Fabriano e Civitanova Marche. Il secondo fattore però è forse quello piu importante, anzi determinante in una campagna elettorale tesissima come quella del 2018. Ci riferiamo alle divisioni interne al Partito Democratico in fase di composizione delle liste, con riferimento ai territori dove il centrosinistra aveva da sempre la maggioranza ( da Macerata a Pesaro, appunto). Divisioni che a gennaio di quest’anno hanno portato ad un scontro al calor bianco tra il sindaco pesarese Matteo Ricci, renziano di ferro e componente della segreteria nazionale del partito e il Presidente della regione Luca Ceriscioli, ex sindaco della città. Ceriscioli ha accusato Ricci di forzature esterne nella scelta dei candidati per le elezioni politiche , a svantaggio della rappresentanza dei territori e dei dirigenti più conosciuti a livello locale. La frattura tra due big della sinistra pesarese, uno emergente l’altro lanciato verso alti traguardi, ha avuto un effetto boomerang sulla fragile capacità del Pd marchigiano di reggere l’urto delle spinte centrifughe presenti nello scenario attuale – potenziate dai problemi legati alla gestione dell’immigrazione e ai fatti di Macerata – ripercuotendosi anche sugli esiti del voto. Per questo non è bastato ai Democrat la candidatura di un uomo forte del partito come Minniti nel collegio di Pesaro per evitare una sconfitta che era nell’aria da tempo e che tutti i sondaggi segnalavano. Una sconfitta che ha portato il Movimento 5Stelle a conquistare nelle Marche ben 8 collegi uninominali su 9 – escluso quello di Macerata, vinto dal leghista Patassini… – e la Lega a crescere ancora nei consensi in regione, con il 17% dei voti. Un trend molto pericoloso per il centrosinistra marchigiano, o quello che ne è rimasto dopo la nascita di “Liberi e Uguali” e che secondo molti osservatori mette a rischio anche l’esito della prossima elezione del consiglio regionale, per tutta l’area politica che in forme diverse lo governa da sempre.