Ascoli Piceno.- Un impresa su quattro rischia di chiudere nel 2021. E questo se non si risolvono subito i problemi derivanti dal blocco sanitario causato dai divieti sul covid, e non si rilancia l’economia con provvedimenti mirati.
“Risolvere il problema sanitario rimane la priorità per giungere ad una risoluzione anche del problema del tessuto economico – afferma Francesco Balloni, direttore della Cna di Ascoli Piceno – e la pandemia ci sia d’insegnamento sull’utilizzo migliore degli strumenti tecnologici anche una volta che il problema sarà superato in quanto accorciano le distanze, riducono sprechi tempo lavoro e aiutano anche a rispettare l’ambiente. Le risorse presentate nel Recovery Plan – aggiunge Balloni – con il massiccio piano legato alla riqualificazione verde deve contenere misure di lavoro importanti in tal senso dove imprese e imprenditori devono adeguarsi necessariamente oltreché a segnare un passo di svolta in materia definitiva”.
Per il presidente della Cna di Ascoli, Luigi Passaretti , “strumenti come la proroga del superbonus per il solo 2022 aiuta poco mentre questi e altri strumenti possono ridare la giusta mole di lavoro solo se hanno continuità almeno fino al 2023”.
I dati dell’indagine della Cna parlano chiaro, a livello nazione e nello specifico (con i dati riportati di seguto) nella nostra provincia. Una piccola impresa su quattro teme di chiudere nel 2021 se l’attuale stato di difficoltà dovesse protrarsi nei mesi a venire.
Quale 2021 prevedono gli imprenditori sotto il profilo economico italiano? Il 74,1% delle imprese coinvolte nell’indagine immagina che la caduta del prodotto interno lordo tricolore registrata nel 2020 possa essere recuperata solo parzialmente nel 2021. Il 23,1%, invece, è ottimista e crede che l’Italia sia in grado di riconquistare rapidamente i livelli pre-Covid.
Passando dal generale al particolare non cambia, in sostanza, la situazione. A fronte di un 32,9% complessivo di imprese che nel 2021 ritiene di crescere (l’8,7% presume un incremento sui risultati pre-Covid) o perlomeno di recuperare le perdite accumulate nel 2020 (24,2%), si erge un predominante 67,1% scarsamente o per nulla fiducioso nel breve periodo. In particolare, il 40,1% delle imprese intervistate, dopo avere accusato un forte ridimensionamento nel 2020, è convinto che nel 2021 non tornerà ai livelli precedenti. E il residuo 27% ha addirittura paura di cessare l’attività nei prossimi mesi.
Disaggregando tali dati per settore, la palma dell’ottimismo va al comparto edilizio (il 46,5% è orientato favorevolmente, anche grazie alle speranze riposte nel Superbonus 110% e nelle altre agevolazioni previste per le costruzioni), seguito dal manifatturiero (36,2%). All’opposto, i settori a più accentuato timore di chiusura sono il turismo (43,5% del totale), il trasporto (33,3%) e i servizi per la persona (31,7%), comparti dove tre quarti e più delle imprese hanno subito danni economici gravissimi.
Quali strategie le imprese propongono al governo per uscire dalla crisi? Il ventaglio di opinioni è divergente, ma grosso modo può raggrupparsi in tre ordini di suggerimenti. Il 36,4% delle imprese che hanno partecipato all’indagine è dell’opinione di continuare lungo la strada tracciata dal governo, adottando ancora la diversificazione delle zone a seconda della gravità della situazione sanitaria.
Il 35,6% del campione ritiene invece che, a questo punto, le ragioni dell’economia siano prioritarie e debbano essere evitati nuovi confinamenti. Il 28%, infine, chiede che l’Italia proceda nel solco degli altri Paesi europei, al fine principale di mantenere invariata la posizione competitiva nazionale.