Dal Presidente della Sezione di Ascoli di Italia Nostra, riceviamo e pubblichiamo :
Ascoli.- “Spiace dover constatare che per la rivitalizzazione del Centro Storico di Ascoli , che da tempo giace in una condizione drammatica deprivazione demografica e di ruolo, non si vada oltre la proposta di utilizzazione residenziale degli edifici più pregiati che rappresentano la memoria storica e culturale della città , destinandoli talvolta ai più abbienti, nel caso si tratti di locali dotati spesso di un apparato pittorico di elevato valore, o ai ceti marginali nel caso si tratti di locali meno pregiati.
Così in rapita successione si deve rimpiangere la destinazione di tipo residenziale del prestigioso Palazzo Sgariglia di Corso Mazzini, meritevole di ben altra utilizzazione, o del complesso di enorme valore delle Suore del Bambino Gesù di Corso di Sotto, a cui si sta per aggiungere, tanto per completare l’opera, il prestigioso Complesso di San Domenico dove si intende realizzare 37 alloggi per ospitare studenti universitari e persone anziane.
Per carità non si disconosce l’esigenza di realizzare residenze per gli anziani e per gli studenti universitari. Ma ci dobbiamo chiedere : quali benefici e quali diverse opportunità di sviluppo e rivitalizzazione della città produrrà la costruzione di alcune limitate residenze?
Forse la destinazione di tipo residenziale del Palazzo Sgariglia ha modificato in meglio la condizione di crisi in cui versa il Centro Storico? La destinazione del prestigioso Palazzo con tutti i saloni del piano nobile ricchi di splendidi affreschi non poteva essere utilizzato, come dalla Sezione ripetutamente proposto, come sede per l’allestimento di importanti mostre, di cui la città è drammaticamente priva? Oppure non si poteva destinare almeno parte del complesso a sede di rappresentanza della Scuola di Architettura e Design?
Non si è voluto pensare in grande e così si è privatizzato il prestigioso palazzo che i Marchesi Sgariglia avevano donato alla comunità perché restasse un bene comune.
Ora la situazione si ripresenta per il complesso del Convento di San Domenico e della chiesa, della cui struttura originaria è rimasto ben poco, dopo l’infausta destinazione a palestra dell’istituto scolastico sistemato nel complesso.
In pratica per questo Complesso la cui storia si perde nella notte dei tempi, si concluderà un percorso avviato già da tanto tempo che , in maniera progressiva e inarrestabile, ha mirato al completo annullamento dell’immagine del monumento ed in particolare di quella della Chiesa che ne esaltava il valore.
Si è trattato quasi di volere infliggere al monumento la condanna di una sorta di “damnatio memoriae”, tanto è vero che non si sa se per scelta voluta o per sciatteria, non si è conservata nemmeno un piccola immagine della forma della Chiesa demolita probabilmente nei primi anni del 900.
Eppure la chiesa era ricca di opere d’arte e certamente non sfigurava di fronte alle tante altre che nobilitavano l’immagine della città.
Basti ricordare tra le opere custodite almeno tre del grande Carlo Crivelli, tra cui il famoso polittico di San Domenico, ora indicato come l Polittico Demidoff, che arricchisce la sala della National Gallery di Londra dedicata al grande artista di origine veneziana e cittadino ascolano.
Una destinazione della Chiesa e del Convento di San Domenico che completi in maniera definitiva la privatizzazione del bene appare sicuramente inaccettabile e quindi si dovrà cercare di limitare i danni prevedendo la fruizione pubblica almeno di una parte del complesso, destinando i locali dell’antica Chiesa, trasformati nell’ultima ristrutturazione in palestra di un istituto scolastico, a sede del Centro e
Documentazione della pittura di Carlo Crivelli e dei Crivelleschi, di cui la Sezione propose la realizzazione nel lontano 1994, proposta che trovò la concorde adesione , come risulta dall’allegata lettera, del maggiore studioso della pittura Marchigiana del 1400 Prof. Pietro Zampetti.
Inoltre nella sistemazione del Complesso dovrà essere prevista la fruibilità pubblica anche del chiostro con gli affreschi realizzati da Sebastiano Ghezzi, padre del più famoso figlio Giuseppe, e della sala dove ancora sono presenti affreschi probabilmente del periodo in cui fu effettuata la prima costruzione del Convento, avvenuta nel lontano 1257.
Naturalmente si dovranno effettuare le indagini del caso anche per accertare la presenza di altri affreschi , forse coperti da intonaco o da tinteggiature.
Se si vuole realmente rilanciare il ruolo della città si dovrà pensare in grande e non limitarsi a ritenere sufficiente riportare nel centro stoico qualche residente in più, tenuto conto tra l’altro che per la residenzialità sono utilizzabili tanti edifici privati vuoti e in condizione di abbandono.
Siamo certi che la Soprintendenza, cui la nota viene inviata per conoscenza, confermerà anche in questo caso la Sua attenta e rigorosa azione di tutela e controllo per evitare un intervento che non consenta di preservare l’integrità e la memoria storica di un complesso prestigioso come quello di San Domenico. “