Macerata,. L’affascinante immaginario dello scenografo e costumista Dante Ferretti è protagonista della mostra “Dante Ferretti, effimero per errore”, allestita a Palazzo Ricci di Macerata fino al 19 settembre 2021 dalla Fondazione Carima, guidata dalla presidente Rosaria Del Balzo Ruiti. L’esposizione è stata inaugurata alla presenza dello stesso Maestro, originario di Macerata, celebre a livello internazionale grazie alle sue numerose collaborazioni in importanti produzioni hollywoodiane e vincitore di vari riconoscimenti, tra cui tre premi Oscar per i film “The Aviator” e “Hugo Cabret” di Martin Scorsese e “Sweeney Todd – Il diabolico barbiere di Fleet Street” di Tim Burton.
Nelle sale di Palazzo Ricci sono esposti 10 bozzetti a pastello su alluminio, carta, cartoncino, cartone, compensato e tela – tra cui quelli dei film premiati agli Oscar – e un modellino di resina, appartenenti alle collezioni della Fondazione Carima. Nei bozzetti c’è l’Eden spoglio de “I racconti di Canterbury”. E la creatura aerea che gravita come spettro femminile tentacolare e plurivalente ne “La città delle donne”. Nel bozzetto di “Ritorno a Cold Mountain”, di Anthony Minghella, si coglie immediatamente il segno e il senso nero fumante lasciato dalla Guerra di Secessione sugli ambienti; della “Carmen” di Bizet, che Ferretti allestisce e dirige in proprio per lo Sferisterio di Macerata, la scena teatrale è iscritta già su tela. Nei territori fisici shakespeariani si situano invece il Colosseo, ancora bidimensionale e pittorico di “Titus” di Julie Taymor, al quale fa da contraltare il modellino del castello di Elsinore dell’“Amleto” di Franco Zeffirelli.
In una gabbia dorata si rinchiude il magnate Howard Hughes interpretato da Leonardo Di Caprio in “The Aviator” di Scorsese, mentre ne “Le avventure del Barone di Muchausen” di Terry Gilliam Dante Ferretti imprigiona per intero nel ventre della balena un vecchio veliero. I segreti e la storia di Georges Méliès vengono plasmati in “Hugo Cabret” con il viscerale e scuro tunnel cinematografico da cui sbuca agilmente il piccolo protagonista verso un fascio di luce spiovente, simile a quello che si ritrova nella più inquietante e claustrofobica sala da barba dell’assassino seriale del burtoniano “Sweeney Todd – Il diabolico barbiere di Fleet Street”. E infine le atmosfere tibetane di “Kundun” di Martin Scorsese, con il Palazzo Reale Norbvunka.
Il visitatore si troverà immerso nel processo della creazione artistica, nella stessa situazione che vive il regista quando lo scenografo gli sottopone l’ipotesi creativa, attraverso bozzetti e modellini. La mostra è un emozionante viaggio tra il buio e la luce, per scoprire e rivivere come inizia il percorso di costruzione di quel film o spettacolo teatrale.
Da tutto ciò deriva il titolo della mostra: “effimero per errore”. «È un gioco di parole sull’essenza della pratica dello spettacolo – spiegano i curatori – a torto considerata un effimero che dura il tempo della rappresentazione o delle riprese. Al contrario, l’evento, quando accade, è un’esperienza di vita condivisa nell’attimo del suo farsi sia per l’artista che per lo spettatore, e la vita è un susseguirsi di momenti spesso effimeri che la caratterizzano e la rendono unica ed entusiasmante, eterna nel suo splendore. Considerare una scenografia un effimero è pertanto un errore, perché quel variegato mondo di immagini resta per sempre impresso nella memoria, intellettuale e affettiva, di uno spettatore».