Prodi e Letta. Contro il populismo servono risposte nuove dell’Europa, superare nazionalismi

Uno spettro si aggira per l’Europa, e non solo per l’Italia. E’ quello del populismo, che sta ormai dilagando. Ma esso è figlio dell’incapacità delle classi dirigenti di saper rispondere alla crisi della globalizzazione, in termini politici e di sistema. Mentre invece, come ha sostenuto Ernico Letta ieri sera a Portonovo di Ancona, è urgente intervenire e agire con “categorie nuove, non riproponendo vecchi schemi e alleanze.” Letta, presente al convegno sulla “popolocrazia” promosso dalla Fondazione Merloni insieme a Romano Prodi, si riferiva certo all’Italia ma anche ad altri Paese leader, a cominciare dalla Francia. Qui infatti alle elezioni presidenziali sono accadute le stesse cose avvenute in quelle politiche italiane del 4 marzo, con i partiti antisistema ( di destra e di sinistra insieme) che hanno ottenuto complessivamente il 49% dei voti. Ma come ha ben spiegato l’ex presidente del consiglio defenestrato brutalmente da Renzi qualche tempo fa, “è stato il quadro istituzionale ed elettorale francese a far vincere Macron, appunto al secondo turno. E tutto questo è avvenuto ed avrà conseguenze serie, in un contesto mondiale  che ha visto la Gran Bretagna approvare la Brexit  e gli Stati Uniti eleggere un presidente come Trump che non è stato certo eletto dalle elite o dall’estabilishment”.

La posizione di Letta, al bel confronto di ieri al quale hanno partecipato anche Ferruccio De Bortoli, ex direttore del Corriere della Sera, lo storico francese Marc Lazar e l’economista tedesco Daniel Gros – entrambi profondi conoscitori della vita politica italiana – è stata molto apprezzato dal pubblico presente alla sala congressi dell’ Hotel La Fonte , che aveva nel parterre tutta la classe dirigente economica marchigiana ( Francesco Merloni in testa). Così come è stato apprezzato il discorso e le risposte alla domande di Annalisa Bucchi, date da Romano Prodi in un convegno che aveva per titolo “L’Italia vista da Parigi e da Berlino”. Risposte spesso spiazzanti e sorprendenti, ma molto argomentate :” Adesso in Europa ognuno sta solo difendendo i propri interessi nazionali – ha detto l’ex presidente della stessa Commissione Ue – a cominciare  dalla Francia ( vedi la Siria, la Libia ..) e dalla Germania. E l’Italia cerca di difendersi come può, ma non ha una classe dirigente all’altezza delle sfide attuali. Se non si cambia direzione, l’Europa unita è destinata a finire, a sparire dalla storia, difronte a giganti come gli Usa o la Cina. Quello che accaduto nel nostro Paese il 4 marzo è l’effetto di questa crisi generale, non la causa – ha tenuto poi a precisare. Cosa propongo ? Un nuovo Patto europeo che guardi al futuro del continente, altrimenti non resterà nulla”. Insomma una preoccupazione per il futuro non solo italiano ma anche e soprattutto continentale, in un momento storico governato da elite nazionali separate tra loro e incapaci di reggere al duro confronto sulle politiche economiche, dell’immigrazione, della politica estera che è stata sottolineata da tutti gli intervenuti al dibattito. Con accenti meno allarmati forse,  arrivati dal solo tedesco presente, l’economista e docente anche in Italia, Daniel Gros, che ha detto che il Trattato di Mastricht non è poi tanto male ( il deficit al 3% è solo buon senso..) e che il timore dei suo connazionali è soprattutto quello di perdere i soldi a vantaggio di altri, in caso di choc finanziari globali. Sarà ..Ma intanto, a molti in Europa, giovani e classi disagiate in particolare, la pace non basta più. Occorrono subito risposte concrete, scelte politiche nuove e coraggiose che al momento non si vedono. E i popoli cominciano a ribellarsi.

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