Ascoli Piceno 1 ottobre.-A livelli di guardia nelle fabbriche delle Marche, il clima di tensione causato dalla crisi economica che non è realmente passata, dal calo dei consumi , dalla pressione fiscale che resta elevata e dalla concorrenza internazionale che spinge i datori di lavoro ad un aumentare sempre di più i ritmi produttivi per evitare nuove cessazioni delle attività. Un altro episodio grave che segnala quanto la situazione sia difficile sul territorio è accaduto qualche tempo fa in una piccola ma solida azienda del distretto di Comunanza (Ascoli Piceno), che produce componentistica e lavora molto anche per l’estero. Un problema di funzionamento di un macchinario ha provocato un violento scontro fisico tra un caporeparto, di origine straniera ed un giovane operaio italiano, residente nel Piceno. Secondo fonti locali, il ragazzo sarebbe stato aggredito davanti a molti testimoni e colleghi di lavoro, perchè ritenuto responsabile dell’incidente , anche se egli stesso avrebbe negato decisamente di aver causato il danno. Il fatto ha prodotto una denuncia penale ai danni del caporeparto – da parte della presunta vittima- ma non il suo licenziamento o altro provvedimento sanzionatorio da parte dei vertici aziendali . Dell’episodio, di certo sono state informate le organizzazioni sindacali, che tuttavia non sembra abbiano sollevato chissà quale “polverone” per segnalare quanto accaduto. Forse perchè anch’ esse, consce del preoccupante contesto economico e occupazionale che il territorio marchigiano sta vivendo- con la fine dei principali distretti industriali , una disoccupazione di massa specie nel fabrianese e nel Piceno, e l’assenza di alternative vere per migliaia di ex lavoratori, hanno pensato che la questione, se troppo agitata sul piano politico e sociale avrebbe potuto portare a conseguenze serie sia per i diretti interessati che per l’azienda stessa. Hanno fatto bene o male ? Di certo, se si continua in questa maniera, tra tagli dei salari ( già dimezzati dall’euro..) , riduzioni progressive delle tutele e aumento dei ritmi di lavoro in moltissime realtà manifatturiere, commerciali e dei servizi si rischia di tornare ad un quadro ottocentesco delle condizioni occupazionali, che non giova a nessuno sul piano economico e politico. Tranne ovviamente, a chi mira proprio a fomentare uno scontro sociale per scopi precisi, oltre che ad affossare quel che resta dell’industria italiana. Bisognerebbe agire in senso opposto, aumentando gli stipendi , abbassando le tasse per le imprese, rilanciando gli investimenti e razionalizzando le spesa pubblica per favorire le attività produttive o non quelle parassitarie. E tutto ciò, trattando da pari con Bruxelles.. Ma questo è un altro discorso. Per intanto, ci auguriamo che episodi come quelli di Comunanza non accadano più. Anche se il rischio di chiusura della Whirpool ( ex Indesit) con l’impatto devastante che tale ipotesi avrebbe per tutto l’indotto locale, non promette nulla di buon sul piano della concordia pubblica.
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