Urbino. – Non è la politica agricola a causare il profondo disagio del settore agricolo europeo, semmai è con la PAC che si possono indirizzare le scelte verso condizioni migliori per il settore, ma serve una visione di agricoltura integrata con il nostro territorio.
È quanto emerso nel convegno promosso da Confcooperative Fedagripesca e dall’Università degli Studi di Urbino alla presenza di economisti ed esperti del settore dal titolo “Agricoltura e Ambiente: quali politiche per la transizione ecologica in vista delle elezioni europee” che si è tenuto martedì 16 aprile presso il Dipartimento di economia politica dell’Università di Urbino.
L’evento è stato organizzato in collaborazione con la Rappresentanza italiana della Commissione Europea. Dopo i saluti del Rettore dell’Università degli Studi di Urbino, Giorgio Calcagnini e l’intervento di Ilario Favaretto, Responsabile scientifico del Centro di Documentazione Europea della stessa Università, il dibattito è entrato nel vivo della PAC.
La politica agricola europea è sotto forte pressione. Le manifestazioni degli agricoltori che hanno attraversato l’Europa sono un recente ricordo e ora l’UE deve dimostrare che il piano in discussione rappresenta una valida base per contrastare i cambiamenti climatici in sintonia con le richieste dell’agricoltura.
“Il Green Deal – ha detto Francesco Torriani, presidente regionale di Fedagripesca di Confcooperative – mira a contrastare e a mitigare gli effetti negativi dei cambiamenti climatici cercando di risolvere alla base i fattori che causano i cambiamenti climatici. Ovviamente le singole misure possono essere discusse e migliorate nella loro applicazione , ma prendersela strumentalmente con il Green deal significa eludere i veri problemi e non fare un buon servizio al futuro dell’agricoltura”.
Il Manifesto di Confcooperative – Fedagripesca.
Sulla questione PAC, la Fedagripesca di Confcooperative ha pubblicato un manifesto che raccoglie le osservazioni e avanza le proposte per la Politica agricola europea. Ecco alcuni punti.
Sulla questione dei prezzi. Forse è arrivato il momento di protestare per i prezzi pagati dalle imprese che operano in settori a valle di quello agricolo (GDO in particolare), riprendendo i temi del Decreto Legislativo 8 novembre 2021, n. 198, adottato in attuazione della direttiva UE 2019/633, che contiene norme dirette al contrasto di pratiche commerciali sleali negli scambi tra gli operatori della filiera agroalimentare.
Servono politiche «coerenti e sistemiche» in grado di sostenere le filiere produttive (primo pilastro, secondo pilastro e OCM). Lo stesso obiettivo di sostenere le aziende agricole nelle aree montane previste dalla legge nazionale per il biologico (Legge 9 marzo 2022, n. 23) deve passare attraverso una nuova capacità di fare rete e sistema, sia sul lato produttivo/servizi che sul lato delle conoscenze e competenze.
La competitività. I costi di produzione continuano a crescere o comunque dopo l’impennata dell’anno scorso si mantengono a livelli medio/alti. Vale per le sementi, i mezzi tecnici e il carburante. In questo caso emerge implicitamente anche un fabbisogno di innovazione, ricerca e servizi di consulenza in grado di accompagnare le aziende nell’efficientamento del metodo produttivo e quindi affrontare la sfida della transizione ecologica e digitale coniugando la sostenibilità ambientale con quella economica e sociale. Gli strumenti che più di altri mirano al raggiungimento di questi obiettivi sono il PNRR e la PAC, strumenti strettamente interconnessi nel sostenere il settore agroalimentare nel processo di rafforzamento della sostenibilità economica, ambientale e sociale delle imprese. Pertanto, bisogna sostenere in maniera incentivante gli investimenti volti all’innovazione in agricoltura, favorendo la costituzione di partenariati tra produttori, università e centri di ricerca in un’ottica di sistema curando in maniera particolare il trasferimento dell’innovazione lungo la filiera agroalimentare attraverso i servizi di consulenza.
I contributi PAC. Vanno migliorati secondo questo schema: migliorare l’applicazione della condizionalità rafforzata rendendo più flessibili le regole per le rotazioni colturali; migliorare l’applicazione degli Eco Schemi, aumentando anche le risorse dell’Eco-schema 4; legare i premi accoppiati previsti nel I pilastro della PAC e i contributi a superficie previsti dal II pilastro alle filiere o comunque a progetti di sistema; intervenire per correggere le distorsioni che generano i contributi a superfici previsti nel I Pilastro ovvero una rendita fondiaria svincolata dall’effettiva capacità del terreno di fornire un reddito, determinando valori degli affitti insostenibili.
La concorrenza sleale. Poiché il problema esiste occorrerebbe chiedere all’Unione Europea un nuovo impegno su questi fronti, offrendo anche maggiori garanzie a quei prodotti di qualità ambientale e sociale che importiamo dai cosiddetti paesi Terzi. In altre parole, dovremmo chiedere di introdurre il principio “reciprocità”, ovvero che le importazioni nell’UE avvengano nel rispetto delle regole che vigono al ns interno evitando qualsiasi forma di dumping economico, ambientale e sociale.
Il modello di impresa. La sfida alla transizione in tutte le sue declinazioni di fatto sta mettendo in discussione il modello di impresa agricola che abbiamo conosciuto in gran parte fino ad ora. A questa situazione oggettivamente difficile, si aggiunge un limite strutturale del comparto agricolo italiano, ovvero l’eccessiva frammentazione (il 50% delle aziende agricole italiane hanno una SAU inferiore a 3 Ha). Abbiamo un tessuto imprenditoriale di piccole e piccolissime aziende agricole che faticano a stare nel mercato. Promuovere il modello cooperativo significa dare una delle risposte più importanti al settore primario per cercare di uscire dalla crisi. La filiera cooperativa accorcia i passaggi e riduce i costi ed è in grado di fare economie di scala promuovendo investimenti collettivi, può dare valore aggiunto ai propri soci attraverso assistenza tecnica e servizi di consulenza e remunerare la materia prima ai propri soci maggiormente rispetto al mercato.