Ancona.- Nata a Palermo, dove ha la sua sede legale, la Fondazione nazionale Heal Italia apre i suoi due primi centri dedicati alla medicina di precisione a Cagliari e ad Ancona. L’obiettivo è quello di trasferire al mondo sanitario i progressi della ricerca scientifica e le innovazioni tecnologiche per tradurre le conoscenze, acquisite in contesti sperimentali, in pratica clinica e contribuire così alla lotta alle patologie croniche con diagnosi sempre più precoci e terapie sempre più mirate.
La Fondazione, nata grazie al finanziamento Pnrr del ministero dell’Università e della Ricerca, a distanza di soli due anni, con i primi 40 milioni investiti su una dotazione finanziaria di oltre 114 milioni, registra i primi importanti risultati in termini di produzione scientifica, sviluppo tecnologico e sperimentazione di nuovi ed integrati modelli organizzativo-gestionali destinati al mondo sanitario.
I primi due centri di Cagliari e Ancora saranno due “Precision Medicine Center” frutto di una collaborazione tra la Fondazione Heal Italia e le Università partner di Cagliari e Politecnica delle Marche, dove i centri avranno sede.
Il Centro HEAL ITALIA di Ancona, nasce presso il Dipartimento di Scienze Cliniche e Molecolari dell’ateneo dorico e si occuperà di Medicina di Precisione in Medicina Interna e Malattie Rare.
“L’obiettivo – spiega il Prof. Gianluca Moroncini, Ordinario di Medicina Interna e Direttore del Dipartimento di Scienze Cliniche e Molecolari, Università Politecnica delle Marche – è creare competenze multidisciplinari nella medicina di precisione per ciascuna sotto-specialità della Medicina Interna e implementare i percorsi diagnostici e terapeutici dei pazienti attraverso ricerca, formazione e assistenza clinica innovative, in analogia con il Centro di Medicina di Precisione sviluppato presso la Columbia University. La Medicina Interna e le Malattie Rare sono ancora oggi troppo spesso gestite, sia a livello di prevenzione che di diagnosi e terapia, secondo un modello “taglia unica” che non tiene conto delle enormi differenze individuali che si celano in gruppi di soggetti a rischio o malati, e che purtroppo vengono tutti etichettati e trattati allo stesso modo, quando invece andrebbero raggruppati in distinti sottogruppi omogenei, i cosiddetti “endofenotipi”, da gestire in maniera differenziata”.