Arcevia celebra Gino Bartali, il grande campione che salvo’ 800 ebrei dalla deportazione

Arcevia (Ancona) 2 maggio.- Vincitore di tre Giri d’Italia , nel 1936, 1937 e 1946 e due Tour de France ( 1938 e 1948), Gino Bartali non fu solo un grande campione di ciclismo ma anche di umanità. Dopo l’occupazione tedesca in Italia nel settembre 1943, Bartali fu un corriere della Resistenza che riuscì a salvare dalla deportazione nei lager almeno 800 ebrei e rifugiati politici, pedalando nel tratto Firenze-Assisi e nascondendo nella bicicletta documenti falsi. «Il bene si fa ma non si dice», disse Bartali al figlio Andrea quando gli raccontò del suo impegno, facendosi promettere che non ne avrebbe mai parlato a nessuno. Così la storia emerse solo dopo la sua morte; nel 2005 fu insignito della medaglia d’oro al merito civile e nel 2013 fu riconosciuto come Giusto tra le Nazioni dallo Yad Vashem, il Mausoleo di Gerusalemme.

Per ricordare questa pagina straordinaria di storia, sabato 4 maggio alle ore 21,15 al Teatro Misa di Arcevia va in scena “Nuvole. Da Firenze ad Assisi con la libertà nascosta nella bicicletta di Gino Bartali”, uno spettacolo di Paolo Mirti, con Stefano Venarucci, musiche di Giuseppe Brabaro, regia di Stefano Venarucci. La rappresentazione, fuori abbonamento ed organizzato in collaborazione con la Anpi Sezione di Arcevia, chiude la terza stagione del Teatro Misa promossa dal Comune e ATGTP Associazione Teatro Giovani Teatro Pirata con AMAT Associazione Marchigiana Attività Teatrali e il contributo di Ministero per i Beni e le Attività Culturali e Regione Marche.

Lo spettacolo “Nuvole” prende il nome da un paesino a due passi da Città Di Castello. È là che nel 1943 un bambino di otto anni vide sbucare da dietro una curva il grande campione Gino Bartali. Da quel momento la sua vita non fu più la stessa. Bartali era il corriere segreto dell’organizzazione clandestina che aiutava gli ebrei in Umbria e Toscana, e nel suo percorso d’allenamento tra Firenze ed Assisi nascondeva nel sellino della bici documenti e foto, destinati ad essere stampati in una tipografia clandestina. Quando veniva fermato e perquisito, chiedeva che la bicicletta non venisse toccata, giustificandosi dicendo che le diverse parti del mezzo erano state attentamente calibrate per ottenere la massima velocità.

 

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