Ascoli, due terzi delle botteghe chiudono per assenza di ricambio

Ascoli Piceno 25 settembre.- Nella provincia di Ascoli negli ultimi 10 anni,  per ogni cento artigiani o commercianti che hanno lasciato l’attività lavorativa per andare in pensione solo 37 sono stati rimpiazzati da nuove forze lavoro. Un altro problema serio per le botteghe e piccole imprese del territorio piceno, che già sono in grandi difficoltà per tutta un serie di ragioni. A cominciare dalla diffusione della grande distribuzione commerciale, che non è stata mai limitata dalle forze politiche ed anche sociali e che ora sta favorendo la desertificazione dei centri storici, a cominciare da quello di Ascoli Piceno, uno dei più belli d’Italia. I dati sono forniti dalla Cna provinciale che lancia un ulteriore allarme sui rischi per l’impoverimento del tessuto economico e produttivo del sud delle Marche. Il ricambio generazionale che si ferma a meno di un terzo delle attività in funzione è una questione storica, che chi scrive nel passato ha registrato pesare anche e soprattutto sul comparto industriale. Ma ora la situazione, per la concomitanza di tanti fattori di crisi locali o nazionali, si è fatta decisamente più grave.

E non è tutto. Nel 2019, quindi prima della crisi Covid, secondo l’analisi della Cna di Ascoli e del Centro studi della Cna regionale  soltanto il 41,1 per cento delle imprese nate cinque anni prima risultava ancora in attività. Si tratta di un valore basso e che si è ridotto in modo rilevante nell’ultimo decennio. Nel 2008 infatti il tasso di sopravvivenza a cinque anni delle imprese si attestava al 52,2 per cento. Oltre un’impresa su due dopo cinque anni era ancora viva. “Dare un indirizzo concreto a chi vuole avviare un’attività o proseguirne una già attiva con il ricambio generazionale – spiega il direttore Francesco Balloni, direttore della Cna Picena – è un impegno duro e gravoso. Per tutto il sistema. Questo percorso virtuoso di indirizzo, infatti, determinerà il futuro dell’impresa e, di conseguenza, dell’occupazione e del Pil del territorio”.

“Questo complesso di dati – sostiene dal canto suo il presidente provinciale Luigi Passaretti – fa capire che servirà molta formazione per proseguire nel raggiungimento di obiettivi sempre più complessi e nello stesso tempo che permettano di stare al passo con i mutamenti di produzione e di mercato sempre più repentini e spesso non prevedibili. La disoccupazione, frutto soprattutto delle delocalizzazioni industriali nel Piceno, ha creato molte società o neo imprese. Ma la dinamica che è cambiata e l’improvvisazione non può essere perseguita perché abbiamo visto che non paga. Pertanto resta e vale la logica, che solo a fronte di un progetto, di una mission e di una visione chiara ci sono le condizioni per poter avviare un’azienda e fare investimenti”.

 

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