Ancona .– Dal primo giorno del mese è entrato parzialmente in vigore il nuovo codice dei contratti pubblici che regola la realizzazione delle opere in Italia e sarà vigente, a pieno regime, a partire dal primo gennaio 2024.
Se sui principi quadro indicati nella parte iniziale del documento e riferiti all’ottenimento del risultato e all’accesso al libero mercato, tutti i protagonisti della progettazione e della costruzione sembrano essere concordi, molti articoli del testo sollevano numerose critiche da parte del Consiglio nazionale degli Ingegneri.
“Si spera che il decreto correttivo che entrerà probabilmente nel mese di settembre possa rimediare ad alcuni errori presente nell’attuale testo normativo” sostiene il Presidente dell’Ordine degli Ingegneri della provincia di Ancona Stefano Capannelli che approva la linea fortemente critica espressa dall’ingegneria italiana in merito.
In particolare, il CNI (l’organo che riunisce tutti gli ordini italiani) denuncia una situazione estremamente pericolosa. L’attenzione viene posta sugli effetti della combinazione tra l’entrata in vigore, a partire dal primo luglio, delle nuove regole per i contratti pubblici e il preoccupante risultato del processo di qualificazione delle stazioni appaltanti.
“Su circa 26mila stazioni appaltanti- precisa Capannelli- solo 1.571 hanno avuto il via libera da parte dell’Authority. In questo modo, è probabile che le poche stazioni appaltanti qualificate siano costretti a caricare sulle proprie spalle anche le procedure altrui. Esiste un serio rischio paralisi”. Il Presidente Capannelli condivide un’ulteriore preoccupazione espressa dal CNI che rischia di coinvolgere molti ingegneri, anche del territorio marchigiano. “Non è possibile permettere prosegue Capannelli- l’esclusione dalle procedure di affidamento di buona parte degli operatori economici, professionisti in testa, a causa della riduzione da dieci a soli tre anni dei requisiti professionali qualificanti. Con questa nuova regola, i professionisti oggi potrebbero essere tagliati fuori dal 90% delle procedure alle quali, col vecchio requisito dei 10 anni, hanno partecipato”.