Apro il libro scolastico e comincio a leggere:
“Allontanamento dagli impieghi pubblici; divieto di esercitare attività economiche e commerciali; esclusione dalle scuole pubbliche e dalle università; allontanamento dai mezzi di comunicazione…”.
Poi chiedo: “A quale periodo storico fanno riferimento questi provvedimenti restrittivi?”.
Una alunna alza la mano: “Al periodo del Covid”. Altri concordano.
No. Stiamo parlando delle leggi di Norimberga e delle azioni repressive contro gli ebrei.
Gli alunni sembrano un po’ disorientati.
Non faccio vittimismo, non confondo e non distorco gli eventi storici con banali semplificazioni.
Non sono mai stata nei campi di concentramento. Ma posso dire, e lo dico, di aver sperimentato l’esclusione dal lavoro, dagli impieghi pubblici, dalle attività economiche e commerciali, dai mezzi pubblici, dalle banche, dai ristoranti, dalle università e da qualsiasi forma di vita sociale. Posso dire che mi è stato tolto qualsiasi mezzo di sostentamento economico e di essere stata condannata alla fame. Posso dire di essere stata esclusa dai pranzi, dalle feste, di essere stata insultata, minacciata e accusata di mettere in pericolo la vita degli altri. Nonché di aver passato una serata ai piani alti della Digos (Divisione investigazioni generali e operazioni speciali), per aver organizzato un pranzo a casa di amici… E che di notte mi svegliavo di soprassalto per qualsiasi rumore, temendo che fosse entrata la polizia. La stessa polizia che avevo visto agire violentemente contro manifestanti pacifici, durante le legittime rivendicazioni dei diritti fondamentali.
Non vivevo nella Germania del 1935, ma nell’Italia del 2022.
Non sto paragonando la mia situazione personale a quella degli ebrei durante il nazismo. Sono una professoressa di storia. Ma in quanto tale, e per questo a maggior ragione, continuerò a raccontare ciò che è accaduto in Italia negli ultimi tre anni, fino al resto della mia vita.
Arianna F.
dal sito : maurizioblondet.it