Ancona.- Il vaccino rappresenta la possibilità di lavorare con la tranquillità che nessun dispositivo di sicurezza individuale può darci. È un dono della scienza che dobbiamo tenere con molta cura”.
A parlare è Emilio Giorgetti, medico anestesista. C’era lui quando all’ospedale di Civitanova da Pesaro è arrivato il primo malato Covid.
“Ricordo – prosegue – il terrore di contagiarci e di diventare a nostra volta veicolo del virus. Con questa malattia non bisogna mai abbassare la guardia, nessuno può giudicarsi al di sopra e immune, come spesso purtroppo accade anche in ambienti dove il contagio può essere davvero pericoloso”.
Una testimonianza che ha arricchito i lavori della tavola rotonda organizzata da Uil Marche e Uil Fpl Marche dal tema “Salute, diritto individuale o collettivo” che si è tenuta sulla piattaforma Zoom alla presenza, tra gli altri relatori, del segretario nazionale della funzione pubblica, Michelangelo Librandi, dell’assessore regionale alla Sanità, Filippo Saltamartini e della consigliera regionale Chiara Biondi.
Cosa succede se il lavoratore, per motivi di salute o di convinzione personale, rifiuta di vaccinarsi? È possibile coniugare il diritto alla salute collettivo, al diritto dei singoli e alla libertà di scelta?
Il dibattito è partito da queste domande. Le risposte non sono affatto scontate.
“Oggi – ha introdotto i lavori Claudia Mazzucchelli, segretaria generale Uil Marche – ci troviamo di fronte a due diritti fondamentali, il diritto alla salute e il diritto al lavoro, che possono entrare in conflitto. Al momento il vaccino può cambiare la nostra quotidianità ma è chiaro che la campagna vaccinale in corso porta con sé riflessioni che dobbiamo fare”.
Stando ai dati del Cts nel servizio sanitario pubblico c’è un 10/11% di operatori restii a fare il vaccino anti Covid. La percentuale si alza al 20/25% tra i dipendenti della sanità privata.
“Credo – ha detto il segretario Librandi – che questo sia dovuta a un’informazione insufficiente e a un rapporto con i datori di lavoro non ottimale perché si è visto che dove si sono tenute assemblee dei lavoratori per sensibilizzare su questo tema la fascia dei vaccinati è stata molto più ampia. Il lavoro del sindacato è quello di sensibilizzare i lavoratori e far fare più vaccinazioni possibile. Sono convito che l’unica soluzione per uscire dalla pandemia sia il vaccino e quindi lo sforzo che dobbiamo fare, soprattutto sugli operatori sanitari, è farne capire loro l’importanza”.
Nel corso del dibattito, dagli interventi degli esperti – Raffaella Niro, , docente di Istituzioni di diritto pubblico all’Università di Macerata, e l’avvocato Edoardo Marabini – è emerso che ad oggi non esiste una legge specifica al riguardo e che l’obbligo vaccinale potrebbe tradursi in un esercizio arbitrario del datore di lavoro. “Il problema – ha spiegato Alberto Beltrami, rappresentante della sanità privata in Flp Uil Marche – è soprattutto per coloro che non possono fare il vaccino per motivi di salute. Nel privato abbiamo datori di lavoro far barrare moduli dove si chiedeva espressamente la volontà o meno di di vaccinarsi. Un diniego può pregiudicare il rinnovo di un contratto? Il lavoratore che non si vaccina viene spostato? la sua funzione rimane invariata? Sono elementi che vanno necessariamente approfonditi”.