I 70 anni della Costituzione :  Calamandrei, De Gasperi e “il solenne impegno.” Per andare oltre i Savoia..

 

 

Dal presidente di Libertà e Giustizia, Tommaso Montanari, riceviamo e pubblichiamo:

Nel tardo pomeriggio del 22 dicembre del 1947, esattamente settanta anni fa, l’Assemblea Costituente approvava la Costituzione. Quel giorno il nostro Paese poté compiere un passo straordinariamente importante, e i più lucidi tra i padri costituenti lo compresero benissimo, come si evince, per esempio, da questa riflessione pronunciata da Piero Calamandrei in Assemblea: «Io mi domando, onorevoli colleghi, come i nostri posteri tra cento anni giudicheranno questa nostra Assemblea Costituente: se la sentiranno alta e solenne come noi sentiamo oggi alta e solenne la Costituente Romana, dove un secolo fa sedeva e parlava Giuseppe Mazzini. Io credo di sì: credo che i nostri posteri sentiranno più di noi, tra un secolo, che da questa nostra Costituente è nata veramente una nuova storia».

Calamandrei non si sbagliava, e questa nuova storia, tutta da costruire, si saldava a ciò che di più vivo e di più alto era stato nella grande storia italiana. È suggestivo ricordare che in quel 22 dicembre di settanta anni fa, subito dopo il voto e dopo il saluto del Presidente della Repubblica provvisorio Enrico De Nicola, fu letto in aula un telegramma di congratulazioni della città di Venezia, che vedeva nella Costituzione appena approvata la realizzazione del «sogno di tanti martiri del primo Risorgimento italiano, meta raggiunta a prezzo di tanti sacrifici e di sangue in questo secondo Risorgimento». Subito dopo, il presidente del Consiglio dei ministri, Alcide De Gasperi, intervenne in aula pronunciando parole terribilmente impegnative per il suo, e per i successivi esecutivi della Repubblica: «Il Governo ora, fatta la Costituzione, ha l’obbligo di attuarla e di farla applicare: ne prendiamo solenne impegno».

È tutta racchiusa in questo giuramento la storia politica che sarebbe venuta dopo. Una storia in cui la fedeltà al progetto costituzionale e il suo tradimento si alternano continuamente, affiancando grandi conquiste politiche e sociali a grandi sconfitte o a grandi rinunce.

Sappiamo, lo abbiamo appreso sulla nostra pelle, che gli ultimi successori di De Gasperi non hanno onorato il suo solenne impegno di quel 22 dicembre: invece che «attuarla e farla applicare», questi governi l’hanno di fatto smontata, umiliata, dimenticata. Fino a provare a stravolgerla, a deformarla, a menomarla. Non è un caso che questa stagione di rimozione della Carta fondamentale presenti altri sintomi inquietanti: la rinascita di un fascismo drammaticamente simile a quello storico, la leggerezza con cui, anche ai vertici dello Stato, si dimenticano le responsabilità terribili dei Savoia. Sembra, insomma, che abbiamo rimosso la grande lezione degli anni quaranta del Novecento: quasi che la retorica della ‘modernizzazione’ (il mantra del pensiero politico di Tony Blair che ha dominato l’Europa e l’Italia degli anni Novanta) e della sua riedizione italiana in sedicesimo (la ‘rottamazione’) ci abbiano convinti che non abbiamo più nulla da imparare dalla nostra tragica storia.

Ebbene, Libertà e Giustizia è convinta del contrario.

Sentiamo che l’impegno che De Gasperi prese quel 22 dicembre non riguarda solo i governi, ma tutti noi.

E crediamo che la nostra parte sia quella di contribuire alla costruzione di una diffusa e solida cultura della Costituzione. Solo all’ultimo momento, nella discussione mattutina di quel 22 dicembre, si aggiunse ai principi fondamentali (nell’articolo 9) il «concetto dello sviluppo culturale in genere» (Meuccio Ruini): ecco, questo è il terreno di elezione di Libertà e Giustizia.

Le nostre scuole, i nostri seminari, i nostri incontri, i nostri dibattiti, le nostre prese di posizione nel discorso pubblico: tutto questo ha il fine di sviluppare una cultura della costituzione che è il principale degli strumenti per esercitare veramente la nostra sovranità di cittadini.

 

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