Macerata.- Sei anni colmi di dolore e di estenuanti processi sono trascorsi dal brutale omicidio di Pamela Mastropietro avvenuto a Macerata, in Via Spalato per mano di Innocent Oseghale, accusato di aver violentato e ucciso la 18enne nata e cresciuta a Roma nel quartiere di San Giovanni.
Un passante il 31 gennaio 2018 notò tra Casette Verdini e Pollenza, in Via dell’Industria vicino al cancello di un’abitazione due valigie, allarmato ed insospettito da tanta stranezza chiamò le forze dell’ordine. Da lì la scoperta shock, il cadavere smembrato appartiene alla giovane.
Pamela si trovava nelle Marche poiché soffriva di un disturbo di personalità borderline con una forte dipendenza dalle droghe, per questo nell’ottobre del 2017 si trasferì a Corridonia, in una comunità di recupero. Nemmeno tre mesi dopo dunque, il tragico epilogo.
La fuga dalla Comunità di recupero
La ragazza il 29 gennaio del 2018 decise di allontanarsi volontariamente dalla Comunità (tutt’ora non si sa come nessuno l’abbia intercettata durante la fuga dall’edificio, e perché quel cancello fosse aperto, permettendo dunque alla ragazza di uscire senza alcuna opposizione).
L’incontro con Oseghale
Si fece aiutare in un primo momento da un uomo che la accompagnò in auto alla stazione più vicina, quella di Corridonia-Mogliano, la sua volontà sembra fosse quella di rientrare nella capitale ma perse il treno ed accettò poi un passaggio da un tassista. Il giorno seguente, cercò di reperire della droga nei pressi dei giardini Diaz di Macerata, sempre molto frequentati dai tossicodipendenti della città e proprio lì incontrò Oseghale, lo spacciatore nigeriano che si trasformò di lì a poco nel suo aguzzino.
Innocent Oseghale venne descritto così “un nigeriano di 29 anni con un permesso di residenza scaduto e precedenti penali per spaccio di droga”, fu infatti subito sospettato e arrestato poco dopo il ritrovamento del corpo della giovane di origine romana. Seguirono mesi di indagini per recuperare più materiale possibile così da ricostruire dettagliatamente quanto fosse avvenuto a Pamela Mastropietro.
Le tracce di sangue in via Spalato
Durante i rilievi i Carabinieri trovarono tracce di sangue e vestiti della 18enne all’interno dell’abitazione di Oseghale, il quale secondo l’autopsia eseguita, prima aveva violentato la ragazza, poi le aveva sferrato due coltellate mortali al fegato, ed in seguito lavato accuratamente il corpo con la candeggina per poi smembrarlo per sbarazzarsene inserendolo nelle due valigie poi ritrovate.
Lo strazio ha condotto a tutto il processo giudiziario, prima con rito ordinario, che iniziò il 13 febbraio 2019. La sentenza? Ergastolo per Oseghale e 18 mesi di isolamento, condanna confermata anche in Appello il 16 ottobre 2020.
Ergastolo confermato dalla Cassazione
Il nigeriano continuò a dichiararsi innocente, più volte disse di non aver ucciso la ragazza ma solamente di aver occultato il cadavere, tesi poi smentita prontamente dall’autopsia eseguita. Il 23 gennaio 2024, la Corte di Cassazione ha respinto il ricorso degli avvocati di Oseghale ed ha confermato la condanna all’ergastolo per l’omicidio di Pamela : una boccata d’ossigeno per la madre Alessandra Verni, che in questi anni ha sempre combattuto come una guerriera per ottenere giustizia.
Il raid razzista di Luca Traini
In una Macerata sconvolta da quanto avvenuto in quei giorni, spaventata dalla piega che stava prendendo la città, il 3 febbraio, alle ore 11 circa, esplose tutto l’odio di un uomo, il suo nome è Luca Traini.
Da Tolentino, luogo in cui abitava si diresse a Macerata e lì iniziò il raid razzista a bordo della sua Alfa Romeo 147 nera, diversi i colpi di pistola esplosi con una Glock 17, pistola semiautomatica calibro 9. La sua prima tappa in via dei Velini, poi in Via Spalato , in seguito andò a Piediripa e a Casette Verdini.
Nell’attacco rimasero ferite sei persone, tutti immigrati di giovane età. L’allora sindaco, Romano Carancini con un messaggio alla radio diramò l’allerta per proteggere i suoi cittadini. La folle corsa di Traini finì davanti al Monumento ai Caduti, il 28enne si consegnò così, facendo il famoso saluto romano, gridando “Viva l’Italia”, con una bandiera tricolore legata al collo.
Fu proprio Traini ad ammettere la sparatoria dicendo di voler vendicare il delitto di Pamela Mastropietro. L’artefice del raid in auto del 3 febbraio venne condannato in primo grado con rito abbreviato a 12 anni per strage aggravata dall’odio razziale e porto abusivo d’arma da fuoco. Una condanna che è stata poi confermata anche in Appello.
La lettera alla madre di Pamela : “Uniti dal dolore”
“Ti ho visto nelle cose belle della vita, nella gioia e nell’amore. Nel tuo sorriso riconosco una cara amica. Uniti per sempre dal dolore, legati dall’amore, anime sacre. Un bacio agli angeli scesi sulla terra, un bacio a Pamela, un bacio Alessandra. By Lupo”. E ci soffermiamo proprio su quella firma, “Lupo”, che ci riconduce a Luca Traini, il “Lupo di Macerata”.
Ieri si è tenuta la cerimonia in memoria della giovane assassinata, in Piazza Re di Roma, Alessandra, la madre di Pamela, parla così della lettera che gli è stata recapitata: “Un regalo ricevuto da una persona che vorrei tanto conoscere e che mi è sempre stata vicina in tutti questi anni”.
Parole che ci fanno comprendere quanto questo uomo, che sta scontando la sua pena in carcere, non abbia mai dimenticato quel brutale omicidio e quella madre, spezzata per sempre dal dolore di aver perso sua figlia in un modo così cruento a soli 18 anni.
Lisa Grelloni
nella foto : Alessandra Verni