Ancona.- Ad Ancona come nel resto d’Italia Potere al Popolo scenderà in piazza, il 3 giugno per dire no allo sblocco dei licenziamenti”.
“Da tempo Confindustria – sostiene il Pap regionale – così come da tutte le associazioni padronali, chiedono la revoca del blocco, preannunciando la precarizzazione e incertezza che ci attende con i 5000 licenziamenti di Alitalia o la situazione delle lavoratrici e dei lavoratori Embraco a Torino. Anche nelle Marche l’Elica di Fabriano, parallelamente al sottotraccia di migliaia di lavoratori in attesa di CIG da più di un anno, si accoda allo sfruttamento padronale. Nel 2020, secondo l’ISTAT – aggiunge il partito – la pandemia ha già comportato una perdita di 900 mila occupati, con un crollo delle ore lavorate che, ovviamente, tocca in maniera ancora più profonda quella parte di popolazione chiamata a sostituire il welfare nell’assistenza dei propri cari: le donne.
Ma, d’altronde nella nostra Regione, la riorganizzazione dei servizi sociali in senso familistico, ad uso e consumo delle donne come incubatrici e badanti, è diventata a tutti gli effetti proposta di legge. Sempre l’ISTAT ci ricorda che, tra gli occupati, i part-time involontari sono circa 2,7 milioni in Italia. E accanto a lavoratori costretti a rimanere in equilibrio fra 2-3 lavori contemporamente, assistiamo a un’ulteriore crescita dei lavoratori poveri, + 230 famiglie rispetto al 2019. E parliamo di dati ufficiali. Nelle nostre spiagge, nei ristoranti e alberghi che animano le città in riviera il sommerso del lavoro stagionale, le assunzioni in nero, senza tutele, i fuori busta rappresentano la quotidianità di lavoratrici e lavoratori anche prima della pandemia.
Oggi le associazioni di categoria – aggiunge Potere al Popolo – gli imprenditori, non solo chiedono lo sblocco dei licenziamenti ma l’abolizione del reddito di cittadinanza, proponendo salari da fame che non permettono di pagare l’affitto (figuriamoci il tablet per la dad o la rata dell’auto!), ma soprattutto che non garantiscono neanche di superare la soglia di sussistenza. Di fronte a un modello di sviluppo in conflitto con la vita non possiamo che pretendere un’inversione di rotta, a difesa del nostro lavoro e della dignità umana: salario minimo, reddito di base, applicazione dei ccnl, assunzioni stabili, redistribuzione del reddito e delle risorse.”